La burocrazia digitale (che è più lenta di quella vera)

Ci avevano promesso la semplificazione. Una vita snella, moderna, veloce. E invece siamo finiti prigionieri di password, PIN, SPID, OTP, QR code e altre sigle che sembrano nomi di nuovi partiti politici.

Dicono che sia tutto “più comodo”. Peccato che per accedere a un servizio pubblico oggi servano più credenziali che per entrare nell’area 51. Ogni volta che provo a scaricare un certificato, finisco in una spirale di clic, codici via SMS, mail di conferma e login scaduti. Alla fine ottengo un PDF che pesa 800 kb e vale quanto un foglio di carta igienica bagnato.

Image by Mariann Szőke from Pixabay

Un tempo la burocrazia era lenta, ma almeno aveva un volto. C’era la signora allo sportello, la penna legata con la catenella, la fotocopia fronte-retro e l’odore di toner nell’aria. Ora invece c’è solo un portale “in manutenzione” e un chatbot che risponde “Mi dispiace, non ho capito la tua domanda”. Nemmeno io, tranquillo.

Il paradosso è che tutto questo dovrebbe farci risparmiare tempo. Ma io, per inviare una semplice richiesta al Comune, ho impiegato più di quanto ci mettesse mia nonna a fare la fila in posta, chiacchierare con la vicina e tornare a casa con la ricevuta timbrata. Almeno lei, al ritorno, aveva qualcosa da raccontare. Io ho solo un codice d’errore.


E il bello è che se osi chiamare l’assistenza ti risponde una voce registrata che ti invita a “consultare la sezione FAQ”. Io vorrei solo parlare con un essere umano, anche arrabbiato, anche stanco, ma vivo. La burocrazia digitale ci ha tolto pure la soddisfazione di sbuffare davanti a qualcuno in carne e ossa.

A me NON mi piace.
Alla prossima lamentela.
💻🤯

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