Dicembre è il mese in cui tutto deve luccicare: le vetrine, le tovaglie, i sorrisi forzati e — ovviamente — le calze. Anche chi per undici mesi l’anno veste di nero improvvisamente sente il bisogno di infilarsi qualcosa che brilla: un filo d’oro, un punto luce, una smagliatura strategica che diventa quasi glamour.
Io, come ogni anno, a inizio dicembre faccio l’inventario del cassetto dei collant. È un rituale che mescola sacro e profano: tiro fuori rotolini di nylon, controllo se sono ancora “portabili” e faccio la conta dei superstiti. E ogni volta, inevitabilmente, scopro che il 70% ha vita più breve di un fiocco di neve.
C’è un’illusione di perfezione in quelle calze sottili e lucide: le infili e ti sembra di avere gambe nuove, più lunghe, più lisce, più “da pubblicità di profumo”. Poi ti siedi male, senti un *crack* e capisci che la magia del Natale è durata giusto tre minuti e mezzo. Ma va bene così, perché il collant — come certe relazioni — dà il meglio di sé finché non si tira troppo.
Quest’anno ho ceduto a un paio color bronzo con micro-paillettes. Appena li ho messi, mia figlia ha detto che sembravo un panettone glamour. Ho deciso di prenderlo come un complimento.
La verità è che a dicembre anche le calze diventano simboliche: sono la nostra armatura brillante contro il freddo, la stanchezza e le cene aziendali. Ci ricordano che, per sentirsi in ordine, basta poco — un filo sottile, un po’ di ironia e la certezza che, se si smagliano, c’è sempre un paio di riserva (nella vita e nel cassetto).
Filati sottili.
Alla prossima puntata.
✨🖤

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