Scarpe, sempre loro – n.2

Quelle scarpe che ho amato e non metto più

Ogni tanto, quando il cambio di stagione si fa serio (quello vero, non quello che cominci e molli dopo due cassetti), apro la scarpiera e faccio la conta delle superstiti. È un momento mistico, quasi esistenziale. Tra un sandalo e uno stivale ritrovo pezzi di vita: la me ventenne, la me mamma, la me che credeva che con il tacco giusto si potesse affrontare qualsiasi giornata.

E invece adesso eccole lì, certe scarpe che ho amato e non metto più. Non perché non mi piacciano — anzi, alcune le guardo ancora con la stessa ammirazione di allora — ma perché semplicemente non sono più “mie”. Non le sento addosso. È come quando ti capita di rivedere una vecchia foto e pensi: “Ma ero davvero io?”. Eppure sì, lo eri.

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Ci sono i sandali alti che ho portato al matrimonio di un’amica, quelli che mi hanno regalato due vesciche e mille risate. Ci sono le scarpe rosse che mettevo quando volevo sentirmi coraggiosa (e un po’ audace, ma giusto quel tanto). Ci sono le ballerine che hanno visto più asili nido che aperitivi. E poi quelle scarpe comprate in saldo, che “sembravano comode” e invece no, ma le ho tenute lo stesso per affetto o per senso di colpa, non l’ho ancora capito.

Ogni paio ha una sua storia, un frammento di me infilato dentro. E ogni volta che penso “dai, faccio un po’ di spazio”, finisce che le ripulisco, le accarezzo e le rimetto dentro. È come se buttare via certe scarpe fosse un modo per dire addio a una parte di me, e non sempre ne ho voglia.


Forse crescere è anche questo: imparare a camminare con scarpe diverse, ma ricordare bene dove ti hanno portato quelle vecchie.

Scarpe, sempre loro.
Alla prossima puntata.

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