Registrare le canzoni dalla radio

Oggi apri Spotify, scrivi il titolo di una canzone e in meno di due secondi parte la musica. Bellissimo, comodissimo, perfetto. Eppure — ditemi che non sono l’unica — a me un po’ manca quel fruscio della cassetta che partiva con mezzo secondo di ritardo e rovinava l’attacco del ritornello.

Negli anni ’80 e ’90 la musica era un’avventura. Non si “scaricava”, si *aspettava*. C’era quella magia di restare con le dita pronte sui tasti “play” e “rec”, il cuore che batteva ogni volta che il DJ annunciava il titolo che speravi, e il dramma se ci parlava sopra. Un piccolo trauma sonoro da cui non si guarisce mai.

Avevamo cassette ovunque: nello zaino, in macchina, impilate vicino allo stereo con l’etichetta scritta a penna — e il lettering storte, perché la scritta “Queen – Greatest Hits” non ci stava mai tutta su una riga. Poi c’erano i *mix personali*, quelli che oggi chiameremmo playlist: una sequenza di canzoni perfettamente imperfetta, con dentro tutto quello che eri in quel momento.

Adesso le playlist sono infinite e condivisibili. Belle, certo. Ma non hanno il profumo della plastica nuova, né il fruscio della matita infilata nel rullo per riavvolgere il nastro (operazione chirurgica che oggi nessun under 30 saprebbe eseguire).


Non sto dicendo che fosse meglio — solo che era *diverso*. Più lento, più rumoroso, più romantico. Oggi la musica ci raggiunge ovunque, ma allora eravamo noi a cercarla. E forse, proprio per questo, la ascoltavamo con più attenzione.

A me mi piace… ancora.
Alla prossima puntata.
📼🎶

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