Ogni anno, puntuale come il cambio dell’ora, arriva il momento in cui una donna apre il cassetto delle calze e sospira. Fuori fa fresco, dentro fa ancora caldo, le gambe non sono più da copertina ma nemmeno da coperta. E allora eccolo lì, il dilemma: calze sì, calze no?
Io lo so che le mode dicono “gambe nude tutto l’anno” e che le influencer camminano a novembre con i sandali senza battere ciglio (né denti). Ma io no. Io sono di quella generazione che ha imparato a stare al mondo con le calze 20 denari: resistenti, eleganti, e pure democratiche. Perché il collant non giudica: abbraccia tutto, anche quando non dovrebbe.
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| Image by Victoria from Pixabay |
Ci sono mattine in cui infilarsi un paio di collant è l’unico gesto sensato della giornata. Ti fanno sentire composta, protetta, quasi organizzata. Come se quel velo sottile potesse tenere insieme non solo le gambe, ma anche la dignità.
E poi diciamolo: il collant è uno degli oggetti più femminili mai inventati, ma anche uno dei più crudeli. Ti accoglie come una carezza e ti tradisce come una smagliatura. Ti fa bella e poi, puff, si impiglia nella zip del giubbotto. Un attimo di distrazione, e addio glamour.
Però io continuo ad amarlo. Perché dentro quel gesto — infilare le calze, lisciare il tessuto, sentire che la pelle cambia temperatura — c’è qualcosa di intimo e antico. Una promessa di “ce la posso fare anche oggi”, anche se fuori piove e dentro è lunedì.
Filati sottili.
Alla prossima puntata.
🖤🩰

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